TERAMO – Punti nascita “pericolosi”: in Abruzzo, secondo il dossier presento dal Piano nazionale Esiti dell’Agenas, aggiornati a dicembre 2012, ce ne sono tre. Uno in provincia di Teramo, il San Liberatore di Atri. Gli altri due indicati dal dossier sono il San Massimo di Penne e quello di Sulmona. Il parametro preso in considerazione dalla ricerca è quello del numero dei parti annui: in sostanza i punti nascita che ne fanno meno di 500 l’anno sono a rischio chiusura. Ad Atri se ne sono registrati 494, a Penne 241 e a Sulmona 421. Ma perché i punti nascita con meno di 500 parti annui sono considerati “pericolosi”? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Anna Marcozzi, primario di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Mazzini di Teramo, che è anche una delle componenti della Commissione regionale per la razionalizzazione dei punti nascita. «Si tratta – spiega – in primo luogo del rispetto dei parametri previsti dal decreto Fazio del 2010. In generale un numero congruo di parti annui garantisce la maggior esperienza del personale medico ed infermieristico, più controllo sulle attrezzature utilizzate e così via. Anche la nostra Commissione lo scorso anno aveva redatto un dossier chiedendo la chiusura di tre punti nascita in Abruzzo, nel nostro elenco però non figurava Sulmona, che noi riteniamo essere in una posizione strategica, ma c’era invece Ortona». A parte Atri, la situazione negli altri punti nascita della provincia è invece rassicurante: al Mazzini si registrano circa 900 parti annui, e da ottobre è stata introdotta anche la partonalgesia, ossia il parto indolore. «Abbiamo – spiega Marocozzi – degli anestesisti dedicati solo al nostro reparto, il bilancio finora è buono, anche se sono ancora poche le donne che conoscono questo importante servizio». A Sant’Omero, il primo ospedale della provincia a sperimentare la partoanalgesia, se ne registrano 700.
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